I ridotti e i casini erano delle piccole case o soltanto delle stanze, dove i veneziani rimanevano fino all’alba per divertirsi giocando d’azzardo o intrattenendosi con delle cortigiane.
Tra i ridotti più importanti c’erano senz’altro quello aperto nel Palazzo Dandolo a San Moisè nel 1638 tanto che veniva chiamato semplicemente “il Ridotto”. Al suo interno c’erano molti tavoli in fila, in ognuno dei quali era seduto un gentiluomo che teneva il banco con zecchini e ducati, e che aspettava i giocatori. Potevano giocare i nobili o chiunque portasse una maschera, la baùta.
Con il gioco d’azzardo di solito si accompagnavano anche i facili costumi; al Ridotto si poteva amoreggiare liberamente con delle cortigiane, a volte messe in palio come vincita. Gli eccessi giunsero ad un punto tale di licenza che il consiglio dei Dieci lo fece chiudere il 27 novembre 1774.
Da questa chiusura ne guadagnarono i casini, più piccoli e meglio gestibili, dove si giocava fino all’alba e si svolgevano ogni sorta di feste e di orge. Negli ultimi anni della Repubblica di Venezia si contavano in città ben 136 casini.
Non tutti erano però luoghi di perdizione, ve ne erano molti con accademie musicali, letture di poesie, semplici feste da ballo.
Ce ne erano per tutte le categorie: vi erano i casini per soli nobili, altri per normali cittadini, altri ancora per i segretari; c’era anche un casino per i cuochi. I casini dei ceti più bassi erano lontani dal centro, con un orto per poter gipcare a palla.