Narra una leggenda che un pescatore, lasciando la fanciulla amata per partire per la guerra, poneva tra le mani di lei, quale pegno d'amore, una pianticella marina da lui colta, una specie di fiore che si levava con tentacoli e arabeschi, stano e irreale, bellissimo.
la ragazza ingannava l'attesa tessendo una fitta rete per il suo pescatore. Quando il giovane tornò la rete era compiuta, ma nell'aprirla e stenderla a terra essa rivelò nella sua trama leggera l'impronta di quel fiore marino.
Certamente l'arte del merletto era già diffusa e Venezia almeno sin dal XV secolo, allorchè la dogaressa Dandola Malipiero ne fondò la prima vera scuola. Nel secolo successivo Venezia divenne uno dei centri mondiali di questo artigianato, nato come attività prevalentemente domestica, "guidata" da nobildonne che nei loro palazzi davano spazio a veri e propri laboratori e a scuole di ricamo.
Dalle originarie sedi dei palazzi, l'attività si diffuse poi negli ospedali, negli ospizi e in tutti quegli istituti, perlopiù gestite da religiose, che offrivano ospitalità a giovani, le quali vi apprendevano un mestiere e con il loro lavoro vi pagavano la retta.
La produzione era in gran parte controllata dai membri della corporazione dei Merciai che commissionavano e ritiravano i prodotti finiti.
La produzione veneziana del merletto, sia ad ago che a fusello, conobbe una grossa crisi nel corso della seconda metà del XVII secolo, a causa dell'intensificarsi della concorrenza da parte delle manifatture francesi, strutturate in modo molto più moderno e produttivo
Verso la fine del Settecento e in tutto l'Ottocento il merletto quasi scompare dall'abbigliamento. Bisognerà aspettare fino alla fine dell'Ottocento per vedere rifiorire l'arte del ricamo, grazie soprattutto all'amore e all'impegno della contessa Adriana Marcello, che ne rifonderà la scuola e all'esperienza di una grande maestra Cencia Scarpariola, autentica custode di segreti tecnici secolari.